IL TRIBUNALE Rilevato che: il creditore procedente Roberto Buonanno procuratore di se medesimo vanta nei confronti del Comune di Pozzuoli un credito pari ad € 798,68 in virtu' del titolo esecutivo e del precetto agli atti; il predetto Buonanno dopo aver intimato precetto al debitore, stante l'inerzia di quest'ultimo, ha provveduto a notificare pignoramento al San Paolo Banco di Napoli in qualita' di debitore del debitore in virtu' del servizio di tesoreria; ai sensi dell'art. 546, 1° comma c.p.c., il terzo ha dovuto vincolare solo ed esclusivamente la complessiva somma di € 1198,02 (vale a dire la somma oggetto del precetto piu' la meta' pari ad € 399,34); le spese di esecuzione assommano a complessivi € 674,87 (di cui € 31,83 per spese vive per costi di iscrizione a ruolo e di notifica del pignoramento, € 397,00 per diritti, € 70,00 per onorari, € 107,17 per iva, € 10,50 per c.p.a. ed € 58,37 per rimborso forfettario del 12,5% su diritti e onorari), e cio', peraltro considerando i minimi tariffari e specificando che a tale somma dovra' aggiungersi poi quella di € 171,79 a titolo di tassa fissa di registrazione del provvedimento di assegnazione, giungendo cosi' ad un totale di € 846,66; quindi, sottratta dalla somma accantonata in pignoramento le spese di € 846,66 residuano per la soddisfazione del capitale precettato ed accessori € 351,36 e cio' perche' si sono considerati gli onorari al minimo, altrimenti verificandosi, presumibilmente, un maggiore scarto se non la assoluta incapienza; il creditore, percio', anche dopo l'assegnazione, continuera' a vantare un credito insoddisfatto per il residuo di € 447,32 oltre accessori, somma che puo' essere posta a base di una nuova esecuzione, con l'evenienza di una ulteriore e piu' gravosa incapienza, posto che piu' diminuisce la sorta capitale precettata piu' diminuisce la somma oggetto del pignoramento e quindi piu' aumentano le probabilita' che detta somma non sia idonea a soddisfare il capitale oltre le spese di esecuzione; il creditore procedente ha chiesto sollevarsi questione di costituzionalita' dell'art. 546, primo comma, il cui meccanismo, per quanto detto, impedisce la soddisfazione della pretesa creditoria oppure costringe a ulteriori azioni esecutive che, oltre a non garantire la soddisfazione del credito (come si evince dalla fattispecie in esame), producono una sorta di frazionamento del credito imposto ex lege e cio' in contrasto con l'art. 111 Cost. come ritenuto notoriamente dal diritto vivente della suprema Corte (Cass. sez. un. 15 novembre 2007, n. 23726); Considerato che: come noto, le spese di esecuzione vanno in c.d. prededuzione, nel senso che deve prima adempiersi alla soddisfazione di tale obbligazione e poi procedere alla soddisfazione del credito vantato per capitale; in seguito alla previsione cogente dell'art. 546, c.p.c. il creditore procedente non puo' ottenere soddisfazione, posto che le somme accantonate dal terzo sono sufficienti appena a coprire le spese di esecuzione calcolate al minimo e parte del capitale; il meccanismo dell'art. 546, primo comma, per come congegnato e' tendenzialmente idoneo ad impedire definitivamente al creditore la soddisfazione del suo credito se non al prezzo di rinunziare al rimborso delle spese di esecuzione; Ritenuto sul piano della conformita' alla Costituzione e della non manifesta infondatezza che quanto descritto: a) e' manifestamente irrazionale ex art. 3 Cost. posta l'impossibilita' per il creditore di ottenere soddisfazione della propria pretesa non deriva da una dichiarazione negativa del terzo, bensi' da una esplicita previsione normativa (cioe', dall'art. 546, primo comma c.p.c.); b) e' in contrasto con l'art. 24 Cost. posto che la norma dell'art. 546, c.p.c. svuota di significato la possibilita' di accedere alla tutela giurisdizionale del creditore che vanti somme di non rilevante entita', e quindi in tutti i casi l'accantonamento del capitale piu' il suo 50% sia tale da non coprire affatto o da coprire appena le spese di esecuzione; c) e' contrario all'art. 3 e 24 perche', per quanto, nel suo complesso il procedimento esecutivo si manifesta fatalmente inidoneo a soddisfare la pretesa creditoria e quindi a raggiungere lo scopo per cui il processo esecutivo e' concepito; d) e', altresi', in contrasto sempre con l'art. 3 Cost., in primo luogo, per irragionevolezza della norma appena si pensi che la impossibilita' di soddisfare il creditore procedente puo' ulteriormente verificarsi - anche in presenza di somme precettate di maggiore entita' - laddove siano spiegati interventi di altri creditori e che cio', peraltro, in ipotesi, accentua le probabilita' di apertura di procedure esecutive tendenzialmente ad libitum per quanto spiegato al punto sub e): in sintesi, e' si e' quasi tentati di dire che il meccanismo dell'art. 546, c.p.c. e' potenzialmente idoneo a determinare una sorta di spirale «inflattiva» delle procedure esecutive; in secondo luogo, perche' la, per cosi' dire, «autoalimentazione» del processo esecutivo comporta costi non necessari anche a carico del debitore; e) e' in contrasto con l'art. 97 Cost. perche' rischia di appesantire in modo irragionevole il processo esecutivo presso il terzo e a provocare in ipotesi vere e proprie disfunzioni organizzative, posto che apre la porta a scenari processuali atti a creare meccanismi di esecuzione coattiva virtualmente infiniti, appena si pensi che, per un verso, il creditore potra' sempre esperire un nuovo pignoramento per ottenere la soddisfazione del credito residuo o anche totale laddove la somma pignorata sia idonea a soddisfare solo le spese; per altro verso, il meccanismo diventa del tutto ingestibile e imprevedibile nelle sue conseguenze pratiche laddove siano spiegati piu' interventi con i conseguenti e non preventivabili potenziali maggiori costi di gestione del processo; f) e', altresi', in contrasto con l'art. 97 Cost. perche' i perversi potenziali descritti sviluppi processuali sono potenzialmente pericolosi proprio per gli enti pubblici debitori, che - per una tendenziale costante solvibilita' - potrebbero trovarsi esposti ad una pluralita' di pignoramenti presso terzi posti in essere al solo fine di lucrare sulle spese legali, il tutto in spregio alle esigenze di razionale utilizzo delle finanze pubbliche; g) e', altresi', in contrasto con l'art. 111 Cost. perche' determina ex lege la parcellizzazione del credito di modesta entita', frazionamento considerato non conforme a legge e ai principi costituzionali dal citato orientamento giurisprudenziale; h) e', infine, in contrasto con l'art. 3 Cost. perche' irragionevolmente impone tale limite al pignoramento solo ed esclusivamente per le procedure esecutive mobiliari e presso terzi e non gia' anche per le procedure esecutive immobiliari; Considerato, infine, sul piano della rilevanza che nella fattispecie in esame l'impossibilita' di soddisfare il creditore deriva solo ed esclusivamente dal descritto meccanismo dell'art. 546, primo comma c.p.c., atteso che nel caso in esame non opera l' opponibilita' del vincolo ex art. 159, decreto legislativo n. 267/2000, atteso che dagli atti emerge per tabulas che l'ente debitore non ha rispettato la cronologia dei pagamenti; Considerato infine sul piano di diverse possibili interpretazioni che non sembrano possibili alternative opzioni ermeneutiche costituzionalmente orientate dell'art. 546 c.p.c., atteso che la previsione e' estremamente chiara nel riferirsi alle sole somme precettate piu' meta' e che, per altro verso, non la si puo' estendere anche alle spese di esecuzione, posto che - essendo tali spese ovviamente successive a quelle di precetto - il legislatore avrebbe almeno dovuto prevedere delle somme ulteriori da accantonare tali da contenere con sicurezza anche le spese di esecuzione necessarie in caso di non adempimento di quanto in precetto. Ritenuto, quindi, la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' illustrata dall'avv. Buonanno in qualita' di procuratore di se medesimo.